Questo ultimo libro di Gabriele Lastrucci non è altro che il figlio naturale di quel meraviglioso mostro che era, ed è tutt’ora, La Rosa Murante, pubblicata in Ora-Mai nel 2012, la silloge che ha suscitato un notevole dibattito critico sia per la radicale novità espressiva che per l’alto nitore stilistico. Una sperimentazione estrema dove si incarica di raccontare tutto ciò che il poeta scarta quando supera il travaglio della Scelta e battezza il verso. Residuo del verso, placenta lirica. Frammenti abbandonati, rifiutati, aboliti. Eppure essi, rifiuti altamente lirici, restano all’interno dell’anima come semi in grado, nel tempo, di far germogliare altro, forse il fiore di un nuovo verso.
Da quella profetica scossa elettrica, da quell’ininterrotto sogno ubriaco, da quella fatale illuminazione di ogni possibile lettore (occhi cuciti di stelle) che svelava la realtà nelle sue intime metamorfosi, nasce Bruciante Fiore di Vivere, sette stellari testi scritti in tre mesi del 2013.
Lastrucci si esprime attraverso un linguaggio maturo e deciso, che potremmo definire una prosa poetica (ma anche un’avvincente poesia in prosa) e che rappresenta uno degli apici della sua ispirazione e, insieme, l’atto conclusivo di questa stagione poetica.
Mai tanta bellezza era uscita dalla mia penna fragile, sanguinante penna. Eppure qualcosa della vita stessa è in loro, l’essenza del suo più bruciante Mistero.
Come un violento chiodo d’estasi che mi trafigge la voce, un nudo fuoco di caos che spezza le vene, uno spietato morso d’amare.
Nel capitolo finale, cui ha assegnato il titolo Messaggio nella bottiglia, l’autore torna al suo mezzo espressivo preferito per rappresentare con forza dirompente il vissuto quotidiano delle emozioni più profonde e laceranti dell’uomo. |